lunedì 27 maggio 2013

Condanna d'artista




L’artista è il filtro attraverso cui emergono e vengono messi a fuoco determinati aspetti della vita. È vero, può sembrare presuntuoso tentare di fornire una definizione così ampia, ma la mia semplificazione potrebbe essere considerata accettabile.

L’artista è colui che ascolta, che osserva, indipendentemente dal luogo in cui si trova. La creatività è il filtro che elabora, che sceglie ciò che è importante, che mescola le visioni e decide come materializzarle.

Per questo ritengo che, in un certo senso, tutti siano artisti. E un vero artista non può ignorare questo fatto per definirsi tale. Attinge dal pozzo comune, da cui tutti bevono, dove nessuno è troppo impuro per essere escluso. Per la stessa ragione, credo che non possa esserci arte nella condanna. L’artista può rappresentare le emozioni negative scaturite da qualcosa, ma non può esprimere un vero giudizio. Il giudizio non è arte, appartiene al regno della necessità, che è qualcosa di completamente diverso. L’artista può essere concreto, brutalmente onesto e crudo, ma non può trasmettere un giudizio senza tradire il suo scopo primario. Qualsiasi cosa egli possa giudicare è frutto del lavoro di un altro artista, per quanto possa sembrare distante da qualsiasi definizione di arte.

Semplificando ulteriormente, le fonti da cui l’artista può attingere sono essenzialmente tre: la realtà, l’immaginazione e l’emotività. Tutto ciò che sembra accessorio fa parte del mezzo utilizzato per trasmettere l’arte e delle sue suggestioni. Non credo che qualcuno possa realmente attingere alla bellezza, per esempio.

Riflettendo su questi spunti, penso che l’arte possa essere vista come uno strumento di cambiamento. Ha il potere di amplificare, modificare o distruggere le cose. Penso alla musica che incita al patriottismo o al quadro che evoca sensualità. A volte penso che nell’universo esista qualcosa di simile al karma. Tuttavia, il potere concesso all’essere umano di creare arte mette in discussione questa mia convinzione. In parte la conferma, ma in gran parte affida all’uomo il potere di un’azione che supera il legame di causa ed effetto, creando un universo di nuove possibilità.

venerdì 8 marzo 2013

Supermassive black holes



“If the doors of perception were cleansed, everything would appear as it is - infinite” - W. Blake

Stavamo passeggiando dopo pranzo. Era una bellissima giornata e mi sentivo sereno. Passeggiavamo senza parlare tanto come al solito, in modo rilassato e senza i disagi che a volte si accompagnano al silenzio. Ad un certo punto hai detto "Non so perché, ma mi sento felice". Io ti ho risposto divertito "Beh, questo è un bene!". Sono stato stupido, perché forse avrei dovuto dirti che ero felice anche io. Che eravamo felici assieme in quel momento. Senza motivi, senza spiegazioni. Felici e basta. Mi si è sciolto il cuore e ho sentito quello che si chiama amore, nel senso più totalizzante del temine.
Sento quel momento che mi risucchia indietro nel tempo con una forza irresistibile. Un legame infinito che cerco di attribuire a te, ma che invece è racchiuso tristemente nell'immensità di quel momento contrapposto alla percezione del tempo umano, che si muove spietatamente in avanti. 

Finché non ti accorgi che dove c'era una luminosa galassia, adesso resta solo un buco nero.