giovedì 19 giugno 2014

L'ombra delle cose




Io sono lui. Sono il suo corpo etereo che si trascina pesantemente lungo il viale. Sono le parole prive di senso che sgorgano dalle sue labbra macchiate di sangue. Sono i suoi pensieri disordinati, che si rincorrono rapidi, tentando di afferrare un ragionamento inesistente.

La luce, il calore, la polvere. Poi un fischio, un unico, monotono fischio continuo. Tutto si frantuma: la pietra, il legno, le ossa. Tutto, eccetto il tessuto della realtà, che rimane indifferente al mutamento: perché non è mai esistito altro che il cambiamento.

Un filo persiste, anche se questo non è altro che un ennesimo convito di carne per il dio del sangue. Il dio che deve frantumare le cose per cercare la scintilla al loro interno.

Eppure, il filo persiste. Forse è troppo prezioso, non può essere dissipato, deve essere protetto dalla madre tessitrice. Il filo che tesse la tela delle cose, indicando dove si trovano, dove stanno andando e dove sono state. Si piega appena sotto il loro peso, cullando la loro ombra piuttosto che preservare la loro luce. Le cose mutano ma rimangono sempre distese su questo invisibile tessuto. Tutto, purché rispettino questa delicata promessa.

Così, io divento completamente il suo corpo, che precipita pesante, come se nulla più lo sostenesse. Un corpo che si addentra nella verità della propria carne, scoprendo la connessione con il tutto proprio nel momento in cui essa perde ogni utilità.