Anna si accorse che forse era arrivato il momento di ridipingere la casa. Percorse il lungo corridoio, esaminando le pareti ingiallite e screpolate. Non erano semplici crepe: passando la mano, ne sentiva la consistenza. Alcune erano calde al tatto, altre sembravano pulsare leggermente. Si chiedeva se fosse il riflesso del suo battito o se fosse davvero il muro a muoversi sotto la pressione della sua mano.
Per la prima volta notò sottili venature di blu, verde e viola sulle pareti, come se il loro colore autentico fosse nascosto da uno strato di vernice. Quel disordine doveva essere coperto al più presto, così Anna sollevò il ricevitore per chiamare l’imbianchino. Quella casa era il suo regno, e non poteva sopportare che qualcosa non fosse perfetto. Sarebbe stato come uscire disordinata o indossare vestiti sporchi. In quella casa c’era tutta la sua vita.
Rispose una voce timida, la figlia dell’imbianchino, che spiegò come il padre fosse ormai anziano e avesse cessato l’attività da anni. Anna ringraziò e riattaccò.
Pensò quindi di chiedere consiglio alla vicina, che anni prima le aveva raccomandato quell’imbianchino. Tentò di chiamarla, ma non rispose nessuno. Non la vedeva né la sentiva da così tanto tempo che le era difficile persino quantificarlo.
Si diresse nel salotto e si mise a ricamare sulla sua poltrona preferita. Osservò il suo lavoro e per la prima volta si rese conto della bellezza di ciò che aveva creato. Era una trapunta che raffigurava la Primavera di Botticelli, riprodotta con maniacale attenzione per ogni dettaglio. Non si era mai soffermata ad ammirare il suo lavoro con tanta attenzione. Era magnifico, incarnava ciò che amava di più nella vita: la bellezza e la grazia. Aveva impiegato anni per completarlo e le sembrava incredibile essere così vicina al termine.
Il suo cuore batteva forte, il viso si arrossò e gli occhi si riempirono di lacrime. Era riuscita a donare al mondo ciò che il mondo non le aveva dato. La stretta al petto, il dolore, all’inizio le sembrarono bellissimi. Strinse una mano al petto. Non pianse per la bellezza solo perché il dolore era insopportabile.