domenica 30 gennaio 2011

Effetti della colonna sonora di LOTR sulla mia fragile psiche



Ejaunkeii protese le braccia verso il vuoto. Nelle sue mani c'era il mitico globo di Tamkin Jirr. 
"Non farlo Ejaunkeii! Non sai cosa succederà!" gridò Hurtyerkk. 
La strega Ucika aveva parlato chiaro, il globo di Tamkin Jirr era il punto attraverso cui passava il bene e il male del mondo. L'oggetto che esisteva dall'inizio di tutto, prima dei grandi immortali, prima degli antichi titani delle terre di Arjum, forse anche prima che Gea iniziasse a pensare la vita delle sette specie.
Ejaunkeii era stanco e dolorante. Le sue ferite bruciavano e gli occhi gli lacrimavano per la sabbia trasportata dal forte vento. 
Il globo era caldo e pulsava della luce più bella e sinistra che avesse mai visto. 
"Hurtyerkk, fratello mio, devo farlo! I saggi dell'est hanno parlato della fine della nostra era! Tutto è diventato ingiusto, l'esistenza di tutto il nostro mondo è ingiusta." Disse Ejaunkeii con tutto il fiato che aveva. Faceva appello alla forza che riusciva a trarre dalla terra sotto i suoi piedi. I suoi piedi erano come radici degli alberi, era uno dei suoi poteri. 
Era l'ultimo sciamano di Gea ancora in vita. Durante l'ultima grande guerra, gli sciamani si erano schierati in prima linea e nessuno di loro era sopravvisuto, tranne lui.
"Ma se tutto finisse... che senso avrebbe avuto la vita? Non esisterebbe più niente da ricostruire!" grido Hurtyerkk in lacrime. Le sue zampe leonine erano paralizzate dalle frecce dei soldati ragno di Koppur. Koppur era il figlio incarnato del dio Ignor, il fratello di Gea, unico in grado di eguagliarne il potere. 
Il mondo tutto, e probabilmente anche l'universo, erano la manifestazione del loro potere. Gea creava, Ignor sottraeva. A causa dell'eguagliarsi delle loro forze, l'universo viveva in un equilibrio perfetto. Ogni volta che Ignor distruggeva una pietra, Gea ne creava una nuova. 
In un tempo imprecisato, molto molto antico, i due fecero un patto. Avrebbero rotto l'equilibrio del loro universo. A Gea fu concesso di creare la vita. Ignor invece creò il globo di Tamkin Jirr. 
Da allora nulla fu più in equilibrio.
"E' come se avessi aspettato tutta la vita questo momento. Tutta la nostra esistenza corre verso questo momento. E il futuro, fratello mio, è esattamente lo stesso. Il futuro è come il passato, solo corre al contrario." Disse Ejaunkeii con gli occhi pieni di lacrime e luce. 
Dischiudendo le mani. Lasciado cadere lentamente il globo.

domenica 16 gennaio 2011

La sirena



Il tocco finale fu il rossetto "luce d'oriente". Si guardò allo specchio e sussurrò all'immagine riflessa "Ti amo Amanda". Fissò i suoi stessi occhi, due fiori carnivori dai colori bellissimi. Le ciglia lunghissime potevano addentare lo sguardo di qualsiasi uomo desiderasse. Accarezzò le guance fino arrivare alla bocca tumida. Quelle labbra erano un trionfo di sensualità. Il loro colore staccava perfettamente dalla sulla sua carnagione, come solo i capelli biondo scuro potevano riuscire a fare.
Il vero spettacolo però erano i suoi seni. Tondi, sodi, dalle dimensioni perfette. Nessun artista avrebbe potuto disegnare qualcosa di meglio: nessun artista tranne il suo chirurgo plastico, ovviamente. Quel genio aveva trasformato un ragazzetto insignificante in una dea di bellezza.
A fatica riuscì a distogliere lo sguardo da quello specchio e lo fece solo per il suo pubblico. La stavano chiamando, lo sentiva chiaramente anche dal suo camerino. Erano venuti tutti per vedere "Amanda l'ondegginate".
Ripensò alla madre, mentre si dirigeva verso il palcoscenico. Ripensò a come per anni avesse desiderato essere come lei. Una donna così ordinaria. Senza cura di sè. Senza trucco, senza abiti eleganti. Lei l'aveva superata! Era riuscita a diventare un trionfo di femminilità e bellezza. Lei, che era addirittura nata maschio.
Fu inondata dalla luce dei faretti. Il suo pubblico era in estasi! La desiderava! Un mucchio di maschi adoranti. Quale donna avrebbe potuto vantare così tanti spasimanti? Avrebbe ondeggiato per loro, come una sirena. Però prima cercò di guardarli tutti, cercando lo sguardo di un uomo in particolare. Un uomo che l'avrebbe guardata come il padre guardava la madre, quella sarebbe stata la conferma del suo trionfo.
Era veramente difficile, gli sguardi di quegli uomini erano pieni di desiderio ma allo stesso tempo vuoti. A volte la guardavano in un modo quasi spaventoso. 
Scrutando la prima fila vide un ragazzo sulla trentina. Un ragazzo distinto, vestito in giacca e cravatta. Non era uno dei soliti, era nuovo. Aveva un viso bellissimo ed intelligente. La guardava con un interesse diverso dagli altri. Lui sorrise e lei rispose al sorriso. Era lui? Era davvero lui? 
Lui si alzò, accosto le mani ai lati della bocca e gridò: "Sei meglio di una donna vera!".


Il tempo si fermò e l'eco di quelle parole sembrò durare ore.  

Quando lui tornò a sedersi il suo sguardo era già stato inghiottito nel vuoto, assieme a quello di tutti gli altri.

Amanda sentì un nodo alla gola, capì di essere sola. Non c'era più nessuna immagine riflessa a guardarla con amore. Adesso era in una stanza vuota, e finalmente iniziò a ballare. Ondeggiò in un modo fantastico, come mai aveva fatto prima.

lunedì 3 gennaio 2011

Silvia Kent


Non è facile nascondere dei super poteri. E' una cosa che richiede concentrazione costante. Una semplice distrazione di un secondo può mandare in frantumi anni di lavoro. Silvia lo sapeva bene. Lo sapeva bene mentre sbucciava le patate per il gattò. Lo sapeva bene mentre sbatteva le uova. Una buccia tagliata con precisione millimetrica o una spuma ottenuta in pochi millesimi di secondo avrebbero destato prima stupore... e alla lunga sospetti. 
Allora si era data come regola di fare le cose grossolanamente. L'imprecisione maniacale sarebbe stato un modo per tenere in esercizio i suoi super sensi. Cucinava, lavava i piatti, riordinava e puliva casa. Tutto in un modo impeccabilmente imperfetto: perciò apparentemente umano.
Nonostante la grande concentrazione che questo richiedeva, non riusciva ad  evitare di usare il suo super udito per origliare quello che la sorella e la madre dicevano nella stanza accanto. "Ha già finito i soldi di questo mese!" diceva la sorella. "Non è possibile! Ha preso la paga due settimane fa! Siamo a metà del mese! Bisogna prendere provvedimenti!" rispondeva la madre.
Questo discorso si ripeteva ormai con cadenza constante. Lei era divertita dall'ostinazione con cui ripetevano sempre gli stessi discorsi, senza prendere davvero dei provvedimenti. Per fortuna erano troppo sbadate per risolvere un problema che richiedesse più di 24 ore di attenzione.
Se avessero deciso di andare in fondo alla faccenda, avrebbe dovuto giustificare quelle piccole spese extra. Quei piccoli straordinari che ogni super eroe deve accollarsi. I film non lo insegnano, ma la super velocità comporta alcuni piccoli "disagi". Ad esempio, scarpe che si consumano nel giro di un paio d'ore... o vestiti che si logorano a causa della resistenza extra dell'aria. Silvia era costretta a comprare più capi d'abbigliamento uguali, per non rendere "vistoso" questo inconveniente. Questo senza elencare il fatto che i vestiti non resistono alle fiamme e, in alcuni casi estremi, nemmeno alle temperature polari. Anche se ormai aveva imparato a riconoscere questi capi meno resistenti.
Negli ultimi tempi, a Silvia capitava di provare disagio per alcuni suoi poteri. Tutto era cominciato a causa della sua capacità di guardare attraverso i muri. Purtroppo questa non è una cosa che si può accendere o spegnere, a differenza di altri poteri. Un super eroe in genere sa come gestire tutte le implicazioni della cosa. Ma Silvia non ci riusciva più. In particolare, aveva difficoltà a sopportare con disinvoltura la copulazione del dopo pranzo, ormai abitudine istituzionalizzata della giovane coppia che abitava nell'appartamento accanto al suo. Ad essere precisi, anche gli altri inquilini della casa avevano intuito di questa abitudine, anche senza la super vista o il super udito. Ma per Silvia lo show completo era troppo. 
Per questo motivo aveva cominciato a tenere una sigaretta in bocca, nelle ore immediatamente successive il pranzo. In questo modo, il fumo le finiva negli occhi e le provocava una lacrimazione sufficiente ad annebbiare la vista. Era ormai consuetudine vederla lavare i piatti con la sigaretta fra le labbra e la faccia contorta in una smorfia di fastidio. 
Ancora oggi, osservandola, ti chiedi se ne vale davvero la pena ad avere tutti questi super poteri.